domenica 6 agosto 2017

FIGLI ANNOIATI



Come mai la noia pervade così spesso l’umore dei nostri figli?
“Mio figlio ha già tutto, non so cosa comprargli!” Sento dire ai genitori, abbienti e non. Hanno ragione! I nostri figli sono “troppo pieni”, e la conseguenza è inevitabilmente la noia. E’ importante infatti, per ciascuno di noi ,sperimentare la mancanza. Nella vita di ogni individuo la mancanza gioca un ruolo determinante per il mantenimento del nostro equilibrio psichico. Non solo quella materiale di soldi o beni di consumo, ma anche e soprattutto quello spazio psichico vuoto che preserviamo dai pensieri e dalle preoccupazioni di tutti i giorni.
Avere cura di questo spazio psichico vuoto è fondamentale, perchè è da li che possono venire nuove idee e nuovi modi di vedere e sperimentare il mondo. E’ lui che ci consente di guardare le cose senza preconcetti, di fare invenzioni e di cambiare strada nella vita. Essere nella mancanza significa anche essere nella condizione del “non sapere”. E questa condizione psichica, oltre a tenere in piedi un rapporto di coppia, portare a leggere un nuovo autore ,così come a salire su un aeroplano, è anche alla base della capacità di ciascuno di noi di costruire proficue relazioni interpersonali e un buon rapporto con se stessi.
Ogni tanto bisogna fermarsi, guardarsi, e non avere la presunzione di conoscersi ne capirsi. E’ questo che accende il motore e ci fa andare in una direzione piuttosto che in un’altra, che ci tiene in ascolto di noi stessi.
Essere”troppo pieni” e “sapere tutto” non è insomma auspicabile, in quanto ha come effetto quello di introdurre nella nostra vita almeno un fattore destabilizzante, che scardini il nostro sistema di sicurezze.E talvolta questo nuovo elemento può essere anche molto pericoloso per la salute dell’individuo, portando anche ad esempio ad una assunzione smodata di acool e stupefacenti.

giovedì 3 agosto 2017

NON SONO PIU' CAPACE DI "GESTIRE" MIO FIGLIO E NON HO CON LUI IL RAPPORTO CHE VORREI: PERCHE' ?

Uso questo termine per intenderci su una problematica molto diffusa tra i genitori, ma sia chiaro che il figlio non dobbiamo "gestirlo". A questa domanda bisogna precederne un'altra: che tipo di relazione ho con lui? E' indubbio, infatti, che l'autorevolezza vada costruita.
Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare dell'assenza normativa del padre, che è vera e riscontrabile, ma a cui tuttavia anche la madre non ha saputo supplire.
Uomo e donna infatti, se escludiamo gli aspetti identificativi del figlio, sono uguali nell'esercizio della loro funzione genitoriale, e possono svolgerla benissimo in coppia o anche eventualmente singolarmente dopo una separazione. I nostri nonni, così come gli insegnanti dell'epoca, si può dire che avessero per lo più il "controllo" e sapessero "gestire" i bambini molto meglio di noi; tuttavia lo facevano con modalità che sfociavano spesso in derive autoritarie, ottenendo obbedienza e disciplina senza però costruire una "buona relazione". Per questo non vanno presi ad esempio, in quanto lo scopo non è garantire un ordine familiare e sociale impeccabile, ma evitare le cause del disagio.

domenica 12 marzo 2017

GENITORI IN TRAPPOLA

E’ uno stato non solo psichico ma alquanto tangibile e reale in cui si trovano molti genitori  con figli in età soprattutto adolescenziale ma anche puberale. Escluse le patologie psichiche (che comunque, quando presenti,  hanno sovente una diagnosi tardiva) a cosa dobbiamo questa condizione familiare?
La causa principale riguarda un’attenzione esageratamente scrupolosa verso aspetti della vita dei nostri figli che sono solo marginali, e tali dovrebbero rimanere. Si tende invece, troppo spesso, a riempirli di significato, ingombrando la loro psiche di inezie. Questa modalità di procedere (spesso dovuta a nostre ansie ataviche), è perfetta per “bloccarne” lo sviluppo, per impedirne dapprima il riconoscimento e quindi l’espressione delle proprie risorse (che sono invece i veri tesori di ciascuno di noi). Conseguentemente le autonomie e l’autostima del ragazzo/a non possono beneficiarne.
Invece di puntare l’occhio sulla figura, l’adulto in questione pone lo sguardo sul contorno, tralasciando i bisogni fondamentali del figlio/a e assecondandolo nel “capriccio”, dove invece andrebbe fermato.
In poco tempo si è passati da uno stile educativo in cui il padre dettava legge ad una “educazione senza padre”.  Il padre del dopoguerra dava dei confini precisi entro i quali ci si poteva muovere, e li faceva rispettare anche con la forza. Per il resto il figlio/a doveva “farsi da se”.  Oggigiorno, invece, l’adulto cerca il più possibile di “sostituirsi” al ragazzo/a per alleviargli le pene, con la conseguenza di ritardarne la crescita.
E’ consueto, nella società contemporanea, trovare  giovani con uno sviluppo cognitivo notevolissimo (favorito dal continuo bombardamento di informazioni e dalle nuove tecnologie) ma con una
“intelligenza emotiva” molto acerba. I ragazzi di oggi non sanno tollerare le frustrazioni, nemmeno le più piccole, e questo li rende estremamente fragili.  Cio’, ovviamente, è dovuto in larga parte al clima iperprotettivo che gli adulti hanno costruito intorno a loro.
Con questo non voglio tessere l’elogio della società del dopoguerra, ne tanto meno compararla con la nostra , in quanto sarebbe come confrontare delle mele con delle pere.

Tuttavia questo excursus può essere utile a comprendere che il “nuovo stile educativo” dominante rischia di “intrappolare” i genitori stessi in gabbie familiari in cui i figli fanno richieste sempre più pressanti, dove presentano esplosioni di rabbia incontrollate oltre che incomprensibili, e dove la gestione diventa una problematica insormontabile. 

giovedì 10 settembre 2015

INCONTRI GRATUITI DA GENNAIO 2016

Si organizzano incontri gratuiti riguardanti le problematiche più diffuse relative al rapporto genitori - figli, in cui potranno essere approfonditi argomenti da voi scelti, oltre ad essere un'occasione per domandare alcune delucidazioni. Se siete interessati inviate una mail lasciando il vostro nominativo e un contatto.

domenica 14 settembre 2014

AIUTO , MIO FIGLIO DIVENTA GRANDE!

Fino a ieri erano la bambina e il bambino di mamma e papà, adesso si stanno trasformando velocemente in giovani uomini e donne. Il corpo cambia e loro si sentono strani, diventano intrattabili, irritabili e noi genitori ci trasformiamo all’improvviso in nemici. In questa fase della vita i giovanissimi attraversano una vera e propria crisi d’identità: sperimentano forti emozioni fino a quel momento sconosciute, iniziano a pensare in modo nuovo, si guardano allo specchio con sgomento e pensano: “Non sono più io!”.
Cosa provano mamme e papà
“Vuole fare di testa sua”
Sente il bisogno di uscire dai binari sicuri sui quali lo hanno messo mamma e papà e desidera trovare una sua identità provando a sperimentare da solo quello che può. Comincia a rinunciare ai nostri consigli, manifesta le sue preferenze in fatto di gusti, alla ricerca di ciò che gli interessa e alla scoperta dei suoi talenti naturali. Lasciategli libertà di manovra in una cornice di regole, comunque, ben chiare, orari e limiti.
“Non lo capisco più, si chiude nella sua stanza, non mi parla”
Alcuni atteggiamenti di “sfida” e ribellione nascono nella prima adolescenza, ma quando i ragazzi ci “attaccano” verbalmente, spesso lo fanno perché continuiamo a trattarli da bambini. L’atteggiamento sbagliato, ma molto diffuso, dei genitori è voler tornare a essere il loro punto di riferimento proprio come quando erano piccoli. Non si vuole rinunciare al ruolo di guida e spesso si trovano soluzioni innaturali e dannose come quella di trasformarsi nel “migliore amico” del figlio. I ragazzi in questa fase devono prendere la “giusta” distanza da ciò che hanno assorbito da noi ed è naturale che questo avvenga tramite la svalutazione della figura del genitore. Rinunciamo al pensiero di essere indispensabili e di pretendere la loro cieca obbedienza.
“Alterna momenti di allegria e affetto a momenti di depressione”
Le oscillazioni dell’umore di nostro figlio in età adolescenziale assomigliano a delle montagne russe. Un momento vorrebbe tornare bambino e si rifugia tra le nostre braccia, ha bisogno di coccole, affetto e rassicurazioni; il momento dopo vuole vedersi già grande, comincia a ignorarci e va contro le nostre opinioni e regole per “partito preso”. Queste contraddizioni sono naturali e riflettono il desiderio e la paura di staccarsi dai genitori e appropriarsi di una nuova immagine di sé.
Cosa fare
No all’ostilità o all’eccessiva critica
Ma come ti sei vestito!”, “Quel tuo amico non mi piace per niente!”, “Perché perdi tempo invece di studiare?”. Nostro figlio in questa fase di vita è alla ricerca di una sua identità e perde spesso fiducia in se stesso, nel suo valore come persona e anche nelle relazioni con gli altri. Cerca una rassicurazione, ma nello stesso tempo si comporta in modo da ostacolarla proprio perché la ribellione è una parte fondamentale della sua crescita. Essere adulto per lui significa essere libero dal controllo e diventare autonomo; lotterà con tutte le forze per affermare la sua identità contro le regole e le restrizioni che gli imponiamo. Infine, è fondamentale che scopra in sé un talento e che venga incoraggiato in questo. È arrivare a sentirsi “forte in qualcosa” che gli permetterà di acquisire fiducia nelle sue capacità.
Sì al confronto, no al distacco emotivo
“Mi hai proprio deluso!”, “D’ora in poi non rivolgermi più la parola!”, “Non venire da me quando avrai bisogno di qualcosa!”. Possiamo anche non essere d’accordo con tutto quello che fa e manifestare il nostro disappunto. Da un lato è importante fargli sentire che ci sono delle regole, ma l’affetto non deve mai essere messo in discussione! Un adolescente ha bisogno di avere delle “fondamenta sicure” grazie alle quali avere sufficiente autostima per crescere bene.



domenica 6 luglio 2014

"SONO UN TIPO TROPPO ANSIOSO !"

Occorre capire che l'ansia è la parte più viva e autentica di noi.
LA VERA GABBIA SONO GLI SCHEMI MENTALI TROPPO RIGIDI. L'ANSIA VIENE PER ROMPERLI! PER AFFRONTARE I DISAGI SONO NECESSARIE AZIONI OPPOSTE A QUELLE ABITUALI. L'ANSIA LA PRODUCIAMO NOI..... è un parto del nostro essere più profondo. Ma non viene per farci del male. L'ansia irrompe in una situazione "normale" e la distrugge, ma la reazione giusta non è ripristinare la normalità, bensì cambiarla.
Bisogna ribaltare la prospettiva: CERCHI INFATTI DI USCIRE DALL'ANSIA E NON TI ACCORGI CHE E' L'ANSIA A CERCARE DI FARTI USCIRE DALLA TRAPPOLA IN CUI TI SEI INFILATO. Una trappola fatta di ruoli troppo rigidi, ideali vuoti e relazioni sbagliate.
Non bisogna sforzarsi di essere più forti e più sicuri, MA LASCIARSI INVADERE DAI PROPRI STATI INTERIORI. I NOSTRI NEMICI NON SONO I DISAGI, MA I PENSIERI SEMPRE UGUALI E LE AZIONI SCONTATE. OCCORRE ACCETTARE L'IDEA DI RISCOPRIRE UN NUOVO VOLTO DI NOI STESSI. L'ANSIA E' DETENTRICE DI UN MESSAGGIO FONDAMENTALE: SENZA SPONTANEITA' E PASSIONE LA VITA DIVENTA UNA RECITA VUOTA.

"ODDIO, SONO PIENO DI PAURE!"

A volte le paure ci assalgono come mostri, ci invadono l'anima fino a bloccarci ogni movimento.
Vorremmo respingerle, buttarle fuori di noi. Vorremmo che non ci appartenessero. Ma in realtà contengono messaggi importanti, e se le ascoltiamo possono cambiare in meglio la nostra vita.
CI FERMANO DI FRONTE AL PERICOLO PIU' GRANDE:  PERDERE NOI STESSI.
Le paure non esprimono debolezze di carattere, e quando ci sorprendono dovremmo rispettarle.
Le paure LA SANNO PIU' LUNGA DI NOI, occorre averne cura, perchè ci avvisano ogni qual volta prendiamo una strada sbagliata. Provengono dal luogo più buio che c'è al nostro interno, dall'inconscio: NON AGISCONO CONTRO DI NOI, niente nell'inconscio è contro di noi. Anzi ne abbiamo bisogno. I grandi uomini e le grandi donne sono tali solo se riescono ad avvicinarsi alla loro insicurezza. La paura E' UN RICHIAMO PER LA COSCIENZA: SI INCONTRA L'IGNOTO. E CI RICORDA CHE NON SIAMO NOI I VERI PROTAGONISTI COME PENSIAMO DI ESSERE.
FUGGIRLA CI RENDE FINTI. Continuando a scappare si ottiene un risultato pericoloso: si coltivano false e pericolose convinzioni su noi stessi, ad esempio che siamo perfettamente in grado di tenere tutto sotto controllo.
COMBATTERLA LA AMPLIFICA. ("devo essere più forte, sforzarmi e sfidarle" ...sono parole da non dirsi).
RAGIONARE NON FUNZIONA ("devo pensarci sopra e capire dove sto sbagliando"....ma la paura non risponde alle regole della logica).
OCCORRE INVECE ASCOLTARLA E CUSTODIRLA COME UN TESORO.

sabato 5 luglio 2014

"MAMMA, I COMPITI NON LI FACCIO ! "

Marco, un bambino di quarta elementare, a casa non ne vuole sapere di fare i compiti assegnategli dalle maestre. Dice che sono inutili e che non servono a niente. Per colpa di questo suo atteggiamento, nonostante sia un bambino intelligente, rimane inevitabilmente indietro con il programma e pian piano comincia a sviluppare sentimenti di inadeguatezza che via via potrebbero sfociare in un vero e proprio disagio.
Che fare dunque?
La prima cosa che viene spontanea è sollecitarlo, incentivarlo, stimolarlo, fare i compiti insieme a lui, poi se non funziona ancora minacciarlo ("questa settimana stai senza nintendo!") ed eventualmente punirlo (privandolo appunto delle cose che sappiamo lui tiene maggiormente). 
Questa modalità (molto tipica), in se stessa non è sbagliata, ma mentre la si applica occorre evitare di diventare per il bambino semplicemente il "genitore cattivo". Insomma dobbiamo stare attenti a non diventare i persecutori del bambino, peggioreremmo le cose senza ottenere nessun miglioramento. Occorre invece fin da piccoli metterli di fronte alle loro responsabilità, alle conseguenze delle proprie azioni, senza essere troppo invadenti e pervasivi. Cioè IL GENITORE DEVE FARE IL GENITORE, COME IL MAESTRO DEVE FARE IL MAESTRO, NON L'AMICO O IL CONFIDENTE. E DEVE ACCETTARE ANCHE QUELLO SPAZIO DI INTERIORITA' CHE IL BAMBINO NON VUOLE SVELARE, che vuole tenere per se, perchè è solo suo e non vuole condividerlo con nessuno. Qui sorge dunque il problema della "GIUSTA DISTANZA" da tenere con il bambino; NE TROPPO VICINO NE TROPPO LONTANO. MA SOPRATTUTTO DEVE ESSERE UNA DISTANZA FLESSIBILE, priva di rigidità, disposta a continui allontanamenti e riavvicinamenti.

venerdì 4 luglio 2014

AUTOSTIMA

Se ne parla tanto... ma cosa vuol dire?
Come mai pensiamo di avere una bassa stima di noi, come mai a volte ci disprezziamo e ci sentiamo inadeguati?
La questione di fondo è che spesso ci ostiniamo a voler essere quello che in realtà non siamo.
Abbiamo dei modelli ideali in testa a cui vorremmo assomigliare, e se non ci riusciamo cadiamo nell'apatia e nello sconforto. Ma bisogna capire una volta per tutte che le risorse per affrontare la vita nel migliore dei modi le abbiamo già dentro di noi, non dobbiamo sforzarci di cercarle chissà dove. Dobbiamo solamente farle emergere, senza opporre resistenze provenienti da falsi ideali di successo e di perfezione che ci vengono continuamente calati sulle nostre teste. Faticare, spostare montagne per raggiungere degli obiettivi che non ci corrispondono fa precipitare la nostra autostima. Per questo è necessario osservarsi ed ascoltarsi attentamente. Dopo di che occorre lasciar fare alla natura del nostro carattere e alla nostra spontaneità. Perchè non dovrebbero piacerci certe parti di noi? L'errore sta proprio qui. Nella mancata accettazione di alcuni nostri lati che respingiamo con tutte le nostre forze e che rifiutiamo. "Sono timido? Ah... cosa darei per non esserlo";  "sono ansioso? Ho paura di parlare in pubblico? Quanto mi odio per questo!" ; "sono pigro? Ah... se avessi più energie potrei fare un sacco di cose". E' come se per essere felici ci mancasse sempre qualcosa. Invece dobbiamo toglierci dalla testa l'idea di cambiare e di migliorare. Dobbiamo fare dei nostri "lati bui" i più cari alleati. Ci appartengono, sono nostri, anzi sono le parti piu vere di noi, e se vogliamo stare bene dobbiamo ascoltarle e seguire i percorsi che ci suggeriscono. Inoltre i continui giudizi che diamo su noi stessi spesso ci fanno sprofondare: "Ho fatto male a chiamare Luca alla festa"; "se mi comportavo diversamente sarebbe stato meglio", "dovevo prendere il massimo dei voti all'esame!".
Purtroppo troppo spesso lasciamo che questi pensieri diventino degli automatismi mentali, e pian piano cadiamo nell'abisso senza nemmeno accorgercene.

domenica 29 giugno 2014

INSEGNARE LE REGOLE

Le regole sono fondamentali per dare al bambino gli strumenti adatti da usare nel rapporto con gli altri.
Anche se non è possibile stilare un elenco cronologico di interventi e di indicazioni, arriva un momento in cui il minore avverte l'esigenza di conoscere quali siano i propri confini.

L'autodisciplina nel bambino si svilppa attraverso la ricerca esplorativa dell'esistenza di limiti, e agisce spesso in modo provocatorio verso i genitori per ottenere una risposta chiara di assenso o diniego. Per cui, è nei momenti in cui il minore è particolarmente aggressivo che si sta manifestando il bisogno di vedersi assegnati dei limiti.

L'atteggiamento di sfida è molto diffuso e deve essere precocemente individuato dai genitori, che devono decidere su cosa vale la pena intervenire. L'intervento disciplinare deve essere riservato a situazioni importanti, deciso e sicuro.

Le cause di un "cattivo comportamento" del bambino sono nella maggioranza dei casi da ricercare in un mancato rispetto dei suoi bisogni fondamentali.

Evitare le punizioni fisiche (che non includono la sana sculacciata nei bimbi piccoli)
Le punizioni fisiche gli impediscono di imparare come risolvere gli scontri in modo efficace, e fargli paura è rischioso e controproducente. Il bambino punito si concentra sui propri sentimenti di dolore, di rabbia , di vendetta, tanto da essere privato della possibilità di risolvere le sue conflittualità in modo autonomo.

L'importanza decisiva dell'esempio
 Un minore che ha genitori che agiscono in modo fisicamente aggressivo immagina che sia determinante l'esercizio del potere e dell'aggressione, e agirà nel mondo imitando questo modello comportamentale.  

martedì 24 giugno 2014

LA PILLOLA DEL GIORNO:

LA RABBIA dei nostri figli. Come evitare LE CRISI ? Quali sono le situazioni che le innescano? Quali errori non bisogna fare?

Sono tutte domande molto comuni tra i genitori del terzo millennio.
Spesso, infatti, ritmi di vita troppo frenetici e una società che "comprime" le emozioni non aiutano i nostri figli ad esprimersi come dovrebbero, nella pienezza delle loro potenzialità e seguendo i loro ritmi naturali. Anche se generalmente l'infanzia è per lo più un periodo felice, i bambini iniziano a frequentare l'asilo, la scuola, i vari corsi, e cala su di loro una cascata di regole che talvolta non riescono a rispettare. Altre volte, invece, nonostante ci riescano, lo fanno producendo enormi sforzi, con una fatica che va oltre il lecito, generando un senso di malessere generale e/o sofferenze che si possono manifestare in diversi ambiti della loro vita.

E' giusto PUNIRLI? Quando e come occorre farlo?
Sicuramente, durante una crisi di rabbia, LA COSA PIU' SBAGLIATA CHE POSSIAMO FARE E' FAR FINTA DI NULLA. Equivarrebbe dir loro che in quei momenti è come se non esistessero. Si sentirebbero incompresi e vivrebbero la crisi successiva in modo ancora più intenso.
E' SEMPRE NECESSARIO DAR LORO DELLE SPIEGAZIONI?
Quando i bimbi sono molto piccoli NO. E anche quando sono un po' più grandini LA SPIEGAZIONE DEVE ESSERE SEMPLICE E CHIARA. E' controproducente perdersi in discorsi articolati.  NON DOBBIAMO GIUSTIFICARE AI FIGLI LE NOSTRE DECISIONI.
E NON E' NEMMENO NECESSARIO CHE LORO SIANO D'ACCORDO CON NOI.

venerdì 9 agosto 2013

Buongiorno a tutti, ho creato questo blog con lo scopo di accogliere i quesiti in merito alle difficoltà educative che riscontrate nella vostra esperienza genitoriale, le paure inerenti la crescita dei vostri figli, la preoccupazione riguardo certi loro comportamenti, il disagio scolastico, lo sviluppo emotivo e le dinamiche relazionali con gli adulti e con i loro compagni.
Potete scrivere qui sul blog raccontando il vostro disagio, o contattarmi personalmente tramite mail o telefono. Cercherò di rispondervi velocemente e nel modo più esaustivo possibile in base alle informazioni che fornirete.