mercoledì 30 agosto 2017

L’IMPORTANZA DELLA NOMINAZIONE



Occorre considerare il bambino non solo esclusivamente in rapporto al suo bisogno ma anche riconoscendolo capace di pensare e con una mente da riconoscere. Questo perchè l’identità di un soggetto non viene donata per natura, ma dipende dall’altro, dal discorso che l’altro fa su di lui.
La psiche cioè è da considerarsi  nel mondo, non distaccata da esso.
Per cui se adeguatamente riconosciuto dai genitori il bambino avrà un’ identità forte e sarà pieno di fiducia, altrimenti costruirà un’identità fragile, che non lo aiuterà a stare nel mondo.
E’ sempre più diffuso incontare ragazzi sofferenti che tuttavia non sanno esprimere il loro disagio, non sanno parlarne, non sanno nominarlo. E questa loro incapacità è dovuta semplicemente al fatto che nessuno glielo ha insegnato. Le pulsioni sono eventi di natura, le emozioni sono una via di mezzo tra natura e cultura, ma i sentimenti sono eventi culturali, non li abbiamo in natura, li dobbiamo imparare. Cioè l’amore, il dolore, la noia ad esempio non sono già presenti alla nascita,  occorre acquisirli. Non imparare i sentimenti significa non riuscire poi a nominarli quando si soffre, e di conseguenza risulta impossibile uscire dal disagio.

domenica 27 agosto 2017

LA RESPONSABILITA’ NECESSARIA



C’è un punto di partenza alla base di ogni terapia psicologica: il paziente è sempre responsabile. Occorre rifiutare l’idea che il soggetto sia vittima anche nel caso lo sia effettivamente stata (ad esempio in caso di traumi subiti, violenze, ecc). Ovviamente la responsabilità non riguarda ciò che ha subito ma quello che il paziente decide di farne.  Insomma l’approccio ad un percorso psicologico non deve essere di tipo deterministico; non è vero che dati certi genitori abbiamo determinati effetti. Tra causa ed effetto c’è la particolarità di ciascun soggetto. La sofferenza del paziente è data dalla coazione a ripetere di dinamiche psicologiche disfunzionali, e il percorso psicologico ha il compito primario di introdurre degli elementi innovativi, liberatori.
Ciascun soggetto quindi è responsabile della sua posizione, e dunque può scegliere se restare fermo nella posizione di sofferenza in cui si trova oppure cambiarla.

mercoledì 23 agosto 2017

L'INCONTRO



Gli incontri che facciamo dal momento della nascita alla vita adulta imprimono su di noi dei segni indelebili. Preciso che gli incontri di cui parlo sono quelli che ci mettono in relazione con gli altri. Considero dunque, l’entrare in relazione, una condizione fondamentale per la nostra esistenza, non solo da un punto di vista sociale ma anche psichico.
L’esperienza genitoriale è quella che permette al bambino di fare il suo primo incontro, il quale, per essere buono, deve essere necessariamente un incontro d’amore. Il genitore cioè deve accogliere la domanda d’amore del bambino, per non instillare in lui un dubbio che non gli consentirebbe di porsi con un atteggiamento di fiducia verso gli altri e verso la vita in genere.
Questo atto d’amore che in primis la madre rivolge al bambino è quindi un gesto di volontà, che dimostra che la genitorialità non è mai biologica ma sempre adottiva. Questo atto di volontà implica anche l’assenza di progetti e di attese verso i propri figli ,  oltre all’ evitamento del rischio di  “fagocitarli”( cioè di tenerseli tutti per se).  Dovere dei genitori è anche quello di non fare gli educatori, ma piuttosto quello di comunicare la loro “insufficienza”, e trasmettere semmai il loro desiderio senza pretendere dal figlio che sviluppi lo stesso ma  sostenendolo nella coltivazione del proprio.
Dal punto di vista clinico si può osservare chiaramente che una vita amata custodisce in se un maggior numero di risorse e di possibilità per qualsiasi soggetto.

domenica 20 agosto 2017

BRAVI GENITORI



Chi lavora nel mio settore può facilmente notare un netto squilibrio tra genitori assenti e genitori, al contrario,  fin troppo presenti. Entrambe queste categorie non aiutano il figlio a svolgere il suo naturale percorso di  crescita. Tuttavia, mentre il primo caso ha come diretta conseguenza nel bambino quello di direzionarsi spontaneamente verso altre figure parentali di riferimento, il secondo caso crea un legame genitori-figlio inadeguato; quest’ultimo, in quanto presente, ha però il vantaggio di poter essere “aggiustato” con alcuni piccoli accorgimenti.
Occorre precisare che questa suddivisione, in alcune famiglie, risulterebbe essere  troppo semplificativa e  porterebbe ad una descrizione imprecisa delle dinamiche reali.
Accade spesso, infatti, che gli stessi genitori siano al contempo troppo presenti e “mancanti”.
Questa, che a prima vista sembra una contraddizione in termini, in realtà non lo è, in quanto il troppo riguarda sempre una forma d’ansia della mamma o del papà che porta a riempire di attenzioni il bambino in tutto ciò che è futile, mentre la mancanza riguarda sempre il suo sostegno nelle cose fondamentali. Quando tutte le nostre energie e tutti i nostri pensieri sono rivolti esclusivamente a nostro figlio dobbiamo renderci conto che c’è qualcosa che non va, e che ciò avviene solo per allontanare da noi stessi stati d’animo sgradevoli, in particolare quello di non essere persone totalmente appagate. In questo caso, la crescita del bambino coinciderà con la comparsa di un nostro senso di solitudine, che in alcuni casi può sfociare nella perdita di significato per la vita.
Renderci conto, invece, che abbiamo sentimenti contrastanti verso di lui (come ad esempio acquisire la consapevolezza che in certi momenti non vogliamo occuparcene), è fondamentale, anche se difficile da attuare per paura di sentirci inadeguati o cattivi. E’ tuttavia l’atteggiamento necessario che consente al genitore di ricavarsi quegli spazi personali che gli permettono di prendersi cura di suo figlio nel modo migliore e più equilibrato possibile.

sabato 12 agosto 2017

I CAPRICCI....DEI GENITORI



Per fortuna facciamo continuamente errori con noi stessi, con gli altri e con i nostri figli. Per fortuna facciamo capire loro che siamo deboli e fragili; possiamo svegliarci la mattina ed essere sicuri di sbagliare qualcosa. L’iperprotezione che evitiamo a noi stessi ci consente di mettere in campo le nostre risorse e di crescere; ci fa interpretare nel migliore dei modi il ruolo di genitori, che non devono essere perfetti e che talvolta possono anche non fare la cosa giusta.
Il problema vero sovviene, invece, nel momento in cui l’adulto si mostra sempre forte e impeccabilmente dalla parte della ragione. Questo atteggiamento porta inevitabilmente il figlio ad imitarne le gesta e a costruire un’immagine positiva di sè solamente nel caso in cui riesca a mettere in pratica un comportamento ideale. Significherebbe, per i nostri figli, gettare le basi di una personalità autosvalutativa. Dobbiamo invece mostrare loro che c’è, dentro ognuno di noi, anche uno spazio in grado di accogliere gli errori e i lati di noi che non ci piacciono.
E’ questo ciò che si intende per crescita emotiva,diventare adulti dal punto di vista emotivo. E’ necessario per ogni individuo, anche perchè ha delle conseguenze tangibili sull’educazione dei nostri figli e sulla loro percezione di se stessi.
In caso contrario, essendo doveroso attribuire alle cose la terminologia approriata, dovremmo parlare di veri e propri capricci, e della consapevolezza di essere in presenza di adulti-bambini.