martedì 17 aprile 2018

L’ANSIA DI MAMMA E PAPA’…

… è contagiosa!
Per cui occorre proteggere i figli dalle ansie genitoriali e trasmettere l’amore che proviamo per loro in forma diversa.
Stare addosso ai propri figli ha una diretta conseguenza: perderli.
Se talvolta ci sembrano trasgressivi, o solo un po’ strani, è meglio trattenerci dal criticarli se non vogliamo offuscare la loro personalità.
Anche con i consigli, se non sono richiesti, non bisogna esagerare; il rischio, altrimenti, è quello di limitare la loro capacità di pensare e di stare con se stessi.
Concedere loro fiducia significa fargliela crescere dentro, mentre il desiderio ossessivo di controllarli su tutto è pericoloso. La personalità infatti si plasma e si rinforza solo nell’incontro con le difficoltà. I figli per imparare a conoscersi devono poter sbagliare, e se vogliamo che crescano interiormente e che non rimangano degli eterni bambini dobbiamo anche contemplare l’idea che possano soffrire.


sabato 14 aprile 2018

IL SENSO DELLA DEPRESSIONE

Viviamo in un’epoca che, se potesse, abolirebbe tranquillamente dal vocabolario le parole come “dolore”, “sofferenza”, “stanchezza”, “fragilità”, “debolezza”, “malattia”, e perché no… anche “depressione”. I diktat che ci arrivano continuamente dal mondo esterno riguardano standard di perfezione, di forza, di successo, e ci ingabbiano in uno schema di pensiero estremamente rigido ma soprattutto altamente nocivo alla nostra soggettività.
Ogni stato emotivo che ci attraversa, infatti, ha lo stesso diritto di esistere in noi, che ci piaccia o no, e reprimerlo non può che allontanarci da noi stessi.
Il risultato è che la nostra società produce in modo seriale individui sintomatici che sempre più spesso non sanno nemmeno di esserlo, e quando invece riescono a riconoscere la presenza del sintomo non sanno a cosa attribuirlo.
Il nostro mondo emotivo insomma è troppo scollegato dalla realtà, e questo non può far altro che farci stare peggio e cronicizzare il disturbo di cui soffriamo.
La depressione, dunque, anziché come disgrazia, va intesa come salvifica. La sua presenza sta a significare che qualcosa dentro di noi si arrende, che vuole spazzarci via, vuole eliminare i nostri soliti ragionamenti e le nostre solite certezze.
E noi, quando si presenta, dobbiamo essere pronti ad accoglierla come una grazia.

mercoledì 11 aprile 2018

Caro figlio… ti ascolto ma non troppo

Con i figli in età scolare sono tanti i genitori, in genere mamme, che cadono nel tranello dell’ “ascolto indotto”.
Con questo termine intendo quando l’adulto subisce passivamente i racconti e le lamentele infinite dei propri bambini, con l’ovvia buona intenzione di sostenerli e aiutarli nelle difficoltà, ma producendo invece l’effetto contrario.
Occorre essere consapevoli che un figlio sano, in fin dei conti, non ha poi bisogno di così tante attenzioni, e tutte quelle che gli diamo oltre lo stretto necessario, anziché proteggerlo, alla lunga, lo danneggiano. Per un bambino che sa fare il suo mestiere (e in genere tutti i bambini lo sanno fare molto bene), la mamma (il papà o entrambi) è l’oggetto motivazionale più grande, e in ogni dinamica relazionale che abbiamo con lui questo bisogna tenerlo sempre presente. Insomma il “di troppo” non va bene, molto meglio che si mangi una liquirizia o che giochi con un amico.
La soluzione sta, dunque, nell’ “ascolto attivo”, cioè in quei minuti di conversazione che il genitore stesso decide di dedicargli, nei tempi e nelle modalità che ritiene più opportune, a patto che siano con una cadenza regolare e ben chiari anche al bambino.