sabato 14 aprile 2018

IL SENSO DELLA DEPRESSIONE

Viviamo in un’epoca che, se potesse, abolirebbe tranquillamente dal vocabolario le parole come “dolore”, “sofferenza”, “stanchezza”, “fragilità”, “debolezza”, “malattia”, e perché no… anche “depressione”. I diktat che ci arrivano continuamente dal mondo esterno riguardano standard di perfezione, di forza, di successo, e ci ingabbiano in uno schema di pensiero estremamente rigido ma soprattutto altamente nocivo alla nostra soggettività.
Ogni stato emotivo che ci attraversa, infatti, ha lo stesso diritto di esistere in noi, che ci piaccia o no, e reprimerlo non può che allontanarci da noi stessi.
Il risultato è che la nostra società produce in modo seriale individui sintomatici che sempre più spesso non sanno nemmeno di esserlo, e quando invece riescono a riconoscere la presenza del sintomo non sanno a cosa attribuirlo.
Il nostro mondo emotivo insomma è troppo scollegato dalla realtà, e questo non può far altro che farci stare peggio e cronicizzare il disturbo di cui soffriamo.
La depressione, dunque, anziché come disgrazia, va intesa come salvifica. La sua presenza sta a significare che qualcosa dentro di noi si arrende, che vuole spazzarci via, vuole eliminare i nostri soliti ragionamenti e le nostre solite certezze.
E noi, quando si presenta, dobbiamo essere pronti ad accoglierla come una grazia.