mercoledì 11 aprile 2018

Caro figlio… ti ascolto ma non troppo

Con i figli in età scolare sono tanti i genitori, in genere mamme, che cadono nel tranello dell’ “ascolto indotto”.
Con questo termine intendo quando l’adulto subisce passivamente i racconti e le lamentele infinite dei propri bambini, con l’ovvia buona intenzione di sostenerli e aiutarli nelle difficoltà, ma producendo invece l’effetto contrario.
Occorre essere consapevoli che un figlio sano, in fin dei conti, non ha poi bisogno di così tante attenzioni, e tutte quelle che gli diamo oltre lo stretto necessario, anziché proteggerlo, alla lunga, lo danneggiano. Per un bambino che sa fare il suo mestiere (e in genere tutti i bambini lo sanno fare molto bene), la mamma (il papà o entrambi) è l’oggetto motivazionale più grande, e in ogni dinamica relazionale che abbiamo con lui questo bisogna tenerlo sempre presente. Insomma il “di troppo” non va bene, molto meglio che si mangi una liquirizia o che giochi con un amico.
La soluzione sta, dunque, nell’ “ascolto attivo”, cioè in quei minuti di conversazione che il genitore stesso decide di dedicargli, nei tempi e nelle modalità che ritiene più opportune, a patto che siano con una cadenza regolare e ben chiari anche al bambino.