domenica 28 gennaio 2018

HITLER E LA SUA OMBRA



Tratto da James Hillman


Seguo la strada che la Provvidenza mi detta con l’assoluta sicurezza di un sonnambulo”, disse Hitler in un discorso del 1936. La certezza di essere un predestinato gli confermava di essere nel giusto.
Ma dove un Dio è onnisciente l’essere umano diventa saccente. Perciò Hitler non aveva bisogno di scambi con gli altri perchè  non c’era niente che gli altri potessero insegnargli. Per dimostrare quella onniscienza memorizzava una massa incredibile di dati (come localizzazione di reggimenti e scorte, dislocazione delle navi, ecc.) e li usava per sopraffare gli interlocutori e mettere in difficoltà i suoi ufficiali. La conoscenza di tutti quei dati dimostrava la sua onniscienza , ma copriva la mancanza di pensieri e di riflessione, oltre all’incapacità di sostenere un dialogo. Come si è visto, un’educazione che non privilegia il giudizio critico può produrre una nazione di psicopatici.
Tuttavia, la propensione psicologica a distruggere, anche se in misura diversa, esiste in tutti gli esseri umani. Violenza, criminalità, crudeltà appartengono all’animo umano come sua Ombra. E’ a causa di tali tendenze universali latenti in ciascuno di noi, come protezione contro di esse, che sono sorte le varie forme societarie e i freni della morale. Ma l’Ombra può erompere autonomamente in qualsiasi momento. Hitler ne era ossessionato e voleva epurare il mondo da essa; ma non poteva riconoscerla dentro di sè, ne vedeva solo la forma proiettata come ebrei, zingari, stranieri, deboli, malati.

domenica 14 gennaio 2018

MA QUANTO CI PIACE LA PRIGIONE ?



La domanda è retorica in quanto la risposta la conosciamo tutti : “tanto!”.

Fosse un masochismo consapevole  non sarebbe neppure un fatto troppo disdicevole, purtroppo nella maggior parte dei casi si tratta di un meccanismo inconscio che ci incastra in una serie di dinamiche  dalle quali non riusciamo più ad uscire e che ci porta semplicemente a dire: "siamo fatti cosi!”.

Anche le malattie autoimmuni possono essere un esempio di attacco rivolto a noi stessi, e dunque di una vera e propria “cella” in cui ci rinchiudiamo , come se l’inconscio ci iniettasse nel corpo una dose di aggressività.

Se vogliamo occuparci, invece, di come fare a stare bene,  dobbiamo prendere in considerazione i nostri stati d’animo, anche quelli che non ci piacciono e che riteniamo,sbagliando, essere brutti e inopportuni.  Un atteggiamento mentale improntato a giudicare il modo in cui ci sentiamo, infatti,  ci porta ad escludere una parte di noi stessi, con nefaste conseguenze facilmente prevedibili sul nostro benessere.

Essendo la maggior parte delle attività quotidiane “da fare” , occorre spostare l’attenzione sul “come” farle. In conclusione, il segreto, risiede nel trovare uno stato di consapevolezza grazie al quale, qualunque cosa si stia facendo, non ci si dimentichi di noi stessi e di tutti gli stati emotivi che ci attraversano.

giovedì 4 gennaio 2018

FUGGIRE LO SCONTRO ?



Litigare con tutti non è nè furbo nè psicologicamente sano, occorre sapersi districare tra le innumerevoli interazioni quotidiane in modo per lo più cordiale ed educato. Si può dire che la maggior parte delle questioni si risolve con l’uso della logica e del buon senso; tuttavia esistono alcune relazioni, in particolare quelle tra figli e genitori, in cui l’evitamento dello scontro ha come diretta conseguenza il blocco della crescita.

Quest’ultimo caso porta al figlio un vantaggio apparente, cioè  quello di essere libero da ogni responsabilità.  Accettare acriticamente il sistema di valori dei nostri genitori ci risparmia la fatica di crearcene uno tutto nostro ma non ci consente di evolvere,  e soprattutto di avvicinarci alla nostra identità più profonda e autentica.

La vita insomma, ad un certo punto, ci pone di fronte ad una scelta: o rimanere adolescenti a vita (condizione più diffusa di quanto si immagini), o trovare la nostra strada e vivere la nostra vita.

“Aut-Aut” insomma, come dice Soren Kierkegaard in un suo famoso libro, dove sprona giustamente il lettore a non rimandare le scelte, ma a scegliere subito, con tutte le proprie forze, in quanto la posta in gioco è la nostra esistenza.


martedì 28 novembre 2017

LASCIARE SPAZIO ALL'ALTRO



Perdere per strada il proprio "nome” è tanto difficile quanto necessario. Alcune condizioni lo favoriscono, come i sogni che facciamo mentre dormiamo o come lo stato di malattia, con la febbre alta infatti perdiamo un po’ la concezione di noi stessi...
Altre invece lo impediscono, come la paura di perdere ciò che abbiamo. L’adesione totale ad un qualsiasi tipo di ideologia, politica, religiosa, ecc..., non consente di lasciare spazio all’altro, e questo è molto pericoloso per la nostra salute. Non potendolo eliminare davvero sarà costretto ad insinuarsi nel nostro sistema psichico in forma distorta e sintomatica.
L’altro, inteso quindi come altro da noi e da quello che crediamo di essere, se ascoltato con attenzione ci consente di prendere le decisioni giuste. Quando si pensa al futuro, è bene non esagerare col porsi scopi ed obiettivi troppo precostituiti, piuttosto occorre sentire bene quell'urgenza indefinita, che ci turba, unita a un senso di indubbia importanza. L’altro si manifesta sempre come una necessità, e irrompe come qualcosa che cambia lo schema consueto. Esercita dunque la sua influenza secondo modalità irrazionali, ecco perchè è così difficile comprendere la vita, perfino la propria.


domenica 1 ottobre 2017

L’UNICITA’ DEL BAMBINO E LA BUONA SCUOLA



La buona scuola è solo quella che tiene conto dell’unicità del bambino, non ce ne sono altre.
Elenco di seguito una serie di esempi in cui la singolarità del bambino è stata palesemente ignorata dalla scuola, fallendo clamorosamente la sua missione:
Thomas Mann definiva la scuola “stagnante e deludente”.  Gandhi diceva che gli anni di scuola erano stati i più infelici della sua vita, che egli non aveva alcuna predisposizione per lo studio, e che forse sarebbe stato meglio per lui se non ci fosse mai andato”. La scrittrice norvegese Sigrid Undset disse:” detestavo la scuola con tutto il cuore! Per evitare lo studio avevo elaborato una complicata tecnica che mi consentiva di pensare ad altro durante le lezioni”. L’attore e regista Kenneth Branagh era talmente angosciato dalla scuola che a undici anni cercò di rompersi una gamba buttandosi dalle scale, per poter rimanere a casa e restarsene in pace in camera sua a leggere. John Lennon fu espulso già all’asilo.  Lo scrittore esistenzialista Paul Bowles non andava d’accordo con la nuova insegnante Miss Crane in quanto troppo autoritaria, per cui ideò un sistema per eseguire quelli che a lui sembravano compiti privi di senso evitando di svolgerli veramente: scriveva tutto come gli dicevano, ma all’incontrario. Alle scuole elementari le maestre di Albert Einstein dicevano che era un po’ ottuso, un po’ sempliciotto, non molto sveglio, che non era particolarmente bravo nemmeno in aritmetica anche se dimostrava buona volontà. Pablo Picasso non imparò mai la sequenza delle lettere dell’alfabeto e smise di andare a scuola a dieci anni perchè si rifiutava testardamente di fare alcunchè tranne dipingere.
Potrei fare tanti altri esempi, e anche se la scuola negli anni è cambiata radicalmente, non sempre il valore fondamentale dell’unicità del singolo viene rispettato.